La Biblioteca Cesare Navari della Societa' Dante Alighieri ha creato questo sito con il quale potremo rimanere in stretto contatto con gli studenti della Dante ed il pubblico in generale.
Nella Biblioteca potrete trovare dei libri in lingua italiana.
Abbiamo libri in italiano di molti generi letterari: oltre 11,000 libri. Cosi' come molti film e CD che potrete noleggiare e portare a casa.
Vi aspettiamo numerosi!
Terzani⟨-z-⟩, Tiziano. - Giornalista e scrittore italiano (Firenze1938 - Orsigna, Pistoia, 2004). Profondo conoscitore del continente asiatico, vi approdò per la prima volta nel 1965, inviato dall'Olivetti. Dapprima (1972) corrispondente da Singapore per Der Spiegel, T. collaborò con diversi giornali, tra cui Il Giorno, l'Espresso, La Repubblica, Il Messaggero e il Corriere della Sera, assistendo alle fasi cruciali della guerra in Vietnam (dalla cui esperienza nacque il suo primo libro:Pelle di leopardo, 1973) e alla presa del potere da parte dei comunisti (su cui incentrò Giai Phong! La liberazione di Saigon, 1976). Dal 1980 al 1984 visse a Pechino fino al momento dell’espulsione per attività controrivoluzionarie: esperienza che ispirò La porta proibita (1984). Dal 1985 al 1990 visse a Tokyo e in seguito a Bangkok, finché nel 1994 si trasferì a Delhi, ritirandosi dalla professione nel 1996; l’anno seguente si aggiudicò il premio Luigi Barzini all'inviato speciale. Tra gli altri libri, vanno ricordati: Holocaust in Kambodscha (con A. Barth e A. Rashatasuvan, 1981);Buonanotte, signor Lenin! (1992); Un indovino mi disse (1995); In Asia (1998); Lettere contro la guerra (2002); Un altro giro di giostra. Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo (2004). Pubblicati postumi: La fine è il mio inizio (2006), conversazione biografica curata dal figlio Folco Terzani; Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia (2008), raccolta di reportage dall’Indocina curata dalla moglie A. Staude; Un mondo che non esiste più (2010), album che illustra trenta anni di viaggi in Asia con immagini selezionate dal figlio. Nel 2011 sono stati pubblicati i due volumi dell’opera omniaTutte le opere 1966-1992 e 1993-2004 curati da À. Loreti e il memoir Il mio fratellone Tiziano Terzani, scritto dal compagno di studi A. De Maio e da D. Satriano. Nel 2014, nel decennale della scomparsa, è stata pubblicata un'ampia scelta di appunti inediti che T. scrisse dal 1981, Un'idea di destino. Diari di una vita straordinaria.
Lorenzini ‹-z-›, Carlo. - Giornalista e scrittore (Firenze1826 - ivi 1890), noto soprattutto con lo pseudonimo di Collodi(dal borgo presso Pescia dove era nata sua madre). Autore di diversi libri per l'infanzia, il suo capolavoro rimane Le avventure di Pinocchio: storia di un burattino: per la vivezza della lingua, la scorrevolezza dello stile e l'umanità dei personaggi è tra i più felici risultati della letteratura italiana dell'Ottocento. È anche uno dei libri italiani più tradotti all'estero.
Vita. Partecipò alla prima e alla seconda guerra d'indipendenza. Giornalista attento a fatti e motivi di vita locale, dotato di una arguta vena bozzettistica, collaborò al foglio umoristico Il lampione (1848-49; nuova serie dal 1860), al giornale teatrale Lo scaramuccia, di cui fu anche direttore (1853-56), al Fanfulla, ecc. Dal 1860 al 1881 fu impiegato poco entusiasta presso la commissione di censura teatrale, e poi presso la prefettura di Firenze.
OPERE
Dalla sua attività come giornalista nacquero alcuni volumi, tra i suoi più felici: Macchiette (1880); Occhi e nasi (1881); e, postumi, a cura di G. Rigutini, Note gaie e Divagazioni critico-umoristiche (entrambi 1892). Dopo aver pubblicato una singolare "guida storico-umoristica" (Un romanzo in vapore. Da Firenze a Livorno, 1856), tentò il romanzo sociale (I misteri di Firenze, 1857, incompiuto) e scrisse diverse commedie. Già maturo si diede alla letteratura per l'infanzia, traducendo le fiabe di Ch. Perrault (I racconti delle fate, 1875) e inaugurando, con Giannettino (1876), che nel titolo e nell'intento pedagogico-didattico si rifaceva al Giannetto di L. A. Parravicini, una fortunata serie di libri per le scuole:Minuzzolo (1878); Il viaggio per l'Italia di Giannettino (3 voll., 1880-87); Storie allegre (1887); ecc. Ma il suo capolavoro, e un classico del genere, è Le avventure di Pinocchio: storia di un burattino, apparso a puntate sul Giornale per i bambiniannesso al Fanfulla di F. Martini (1881-83) e pubblicato in vol. nel 1883 con illustrazioni di E. Mazzanti (ed. critica, in occasione del primo centenario, a cura di D. Castellani Pollidori, 1983): storia, universalmente nota, di un allegro e un po' scapestrato burattino di legno che solo attraverso innumerevoli e straordinarie vicissitudini riesce a trasformarsi in un ragazzo come tutti gli altri.
Il nipote Paolo (Firenze 1876 - ivi 1958), anch'egli scrittore per l'infanzia, adottò lo pseudonimo di Collodi Nipote. Contrario all'indirizzo "scientifico" della narrativa alla J. Verne, pubblicò varî libri, tra cui il fortunato Sussi e Biribissi. Storia di un viaggio verso il centro della Terra (1902).
Dopo la laurea in ingegneria, esercitò tale professione in Italia e all'estero. Il primo impulso a scrivere gli venne dalla partecipazione, come ufficiale degli alpini, alla guerra 1915-18 (Giornale di guerra e di prigionia, pubbl. solo nel 1955 e, nella redazione più ampia, 1965, poi integrato con il Taccuino di Caporetto, post., 1992), che avviò una riflessione su uomini e cose centrata sui temi della conoscenza e del male (Meditazione milanese, del 1928, ma pubbl. solo nel 1974). Il documento più antico della sua vocazione di narratore (Le bizze del capitano in congedo e altri racconti, post., 1981), risale al 1918 e anticipa il progetto di un romanzo popolare che nel decennio successivo (con Racconto italiano di ignoto del Novecento del 1924-25, La meccanica del 1926-29 e Novella seconda del 1928-30, ma pubblicati rispettivamente nel 1983, nel 1970 e nel 1971) farà da contrappunto alla ricerca filosofica e costituirà poi il lievito segreto degli stessi capolavori: i già citati La cognizione del dolore e Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. L'esordio ufficiale di G. risale all'esperienza solariana: presso le edizioni della rivista fiorentina uscirono infatti nel 1931La madonna dei filosofi, nel 1934Il castello di Udine. I migliori dei suoi racconti, per la felice commistione del dato più psicologico che culturale della sentitissima estrazione lombarda con la forma mentis scientifica e con il rovello conoscitivo ed espressivo, furono raccolti in L'Adalgisa (1944), il libro del congedo da Milano e dalle illusioni residue di un realismo di stampo ottocentesco che alla città sembravano connesse. Il trasferimento dello scrittore prima a Firenze e poi a Roma sembra favorire la stagione più felice di G., nel momento in cui, a cavallo della seconda guerra mondiale, le ossessioni private si riconoscono nella catastrofe generale e vi trovano la conferma dell'intrusione da lungo tempo presagita del Male o del Caos nella realtà contemporanea. Importante l'attività saggistica di G., soprattutto per I viaggi, la morte (1958), per Il Tempo e le opere (post., 1982) e per la già ricordata Meditazione milanese. Altre opere: Il primo libro delle favole (1952); Novelle del Ducato in fiamme (1953); Accoppiamenti giudiziosi (1963, comprensivo del precedente); I Luigi di Francia (1964); Il guerriero, l'amazzone, lo spirito della poesia nel verso immortale del Foscolo (1967). Postumi sono apparsi varî volumi di lettere: Lettere agli amici milanesi (1983); Lettere a una gentile signora(1983); L'ingegner fantasia. Lettere a Ugo Betti1919-1930 (1984); A un amico fraterno. Lettere a Bonaventura Tecchi(1984); Lettere a Gianfranco Contini a cura del destinatario 1934-1967 (1988). Da ricordare l'ed. completa delle Operediretta da D. Isella per l'editore Garzanti (5 voll., 1988-93).
Berlinguèr, Enrico. - Uomo politico italiano (Sassari1922 - Padova1984). Segretario del Partito comunista italiano dal 1972, deputato dal 1968 per tutte le legislature, fu promotore dell'idea di un "compromesso storico" tra le due grandi forze popolari, quella comunista e quella democristiana, ma dopo la deludente esperienza dei governi di unità nazionale (1976-79) riportò il PCI all'opposizione; durante la sua segreteria guidò inoltre il partito verso il progressivo distacco dall'Unione Sovietica.
VITA E ATTIVITÀ
In contatto dal 1937 con gruppi antifascisti, nel 1943 aderì al Partito comunista italiano. Nell'immediato dopoguerra diresse il Fronte della gioventù prima a Milano e poi a Roma, entrando poco dopo nel Comitato centrale del PCI e nel 1948 nella direzione; dal 1949 al 1956 fu segretario generale del movimento giovanile comunista. Deputato dal 1968, fu eletto vicesegretario del PCI nel 1969 (XII congresso) e segretario generale nel marzo 1972 (XIII congresso). La sua linea, basata sul perseguimento dell'alleanza tra classe operaia e ceti medî, sull'affermazione del carattere laico del partito e, soprattutto, sulla proposta del "compromesso storico", si concretizzò, dopo i successi elettorali del PCI nel 1975-76, nella politica di unità nazionale (ag. 1976-genn. 1979). Dopo la conclusione negativa di tale esperienza e il ritorno dei comunisti all'opposizione (1979), B. cercò di far fronte alla difficile situazione in cui si era venuto a trovare il PCI, accentuata dalla crisi sociale e politica dei primi anni Ottanta, con una riaffermazione del suo carattere alternativo alla Democrazia cristiana (proposta di "alternativa democratica", del nov. 1980) e la prosecuzione del suo rinnovamento interno. In campo internazionale, la segreteria B. si è caratterizzata per il crescente distacco del PCI dall'Unione Sovietica (dall'esperienza eurocomunista degli anni Settanta alla dichiarazione del genn. 1982 circa l'esaurimento della "spinta propulsiva" della rivoluzione d'ottobre) e il perseguimento di una sua maggiore integrazione nell'ambito della sinistra europea occidentale.
La città, con vie e piazze fiancheggiate da bassi portici, è caratterizzata da edifici e opere tardo-medievali e rinascimentali, anche di capitale importanza. Nella centrale piazza delle Erbe, dove sono il palazzo della Ragione (13° sec., rimaneggiato), la torre dell’orologio (1473) e il Broletto (13° sec.), c’è il monumento più antico di M., la rotonda di S. Lorenzo (11° sec.). Nella vicina piazza Mantegna si erge S. Andrea, costruita (facciata e corpo anteriore) da L. Fancelli (1472-94) su disegno di Alberti (grandioso interno a una navata fiancheggiata da cappelle, coperta da una imponente volta a botte). Presso il duomo, ricostruito da Giulio Romano (cappella dell’Incoronata attribuita a Fancelli), sorge il Palazzo Ducale, complesso di edifici dei secoli 13°-18° intorno al castello di S. Giorgio (Bartolino da Novara 1380). Sede dell’omonimo Museo, ha ambienti ricchi di importanti decorazioni e opere d’arte: la sala del Pisanello, la Camera degli sposi, affrescata da A. Mantegna, e i due ‘studioli’ di Isabella Gonzaga, adorni di marmi e di legni preziosamente intagliati. Altri monumenti notevoli: S. Sebastiano (Alberti, iniz. 1460); casa di Mantegna, su progetto dell’artista; casa di Giulio Romano, su progetto dell’artista; S. Francesco, gotica (15° sec.; restaurata dopo il 1944). Fuori di città è il celebre Palazzo del Te, grandiosa villa progettata per i Gonzaga e decorata da Giulio Romano (affreschi nelle sale di Psiche, dei Giganti ecc.). Nel palazzo dell’Accademia Virgiliana si trova il teatro scientifico di A. Bibiena (1769). Caratteristiche, nel profilo della città, le torri della gabbia, dello Zuccaro e della Trinità (11°-12° sec.). Tra le costruzioni moderne la cartiera Burgo di P.L. Nervi (1960-63). La manifattura di arazzi legata all’arazziere Jean de France (1419 ca.) fu attiva fino alla morte di Ludovico Gonzaga (1478).Fra le biblioteche, la Comunale (istituita da Maria Teresa d’Austria nel 1790) ha preziosi codici miniati, incunaboli, cinquecentine, manoscritti ebraici e risorgimentali. Nel 2008 è stata dichiarata dall'UNESCO, insieme aSabbioneta, patrimonio dell'umanità. Nell'ottobre 2015 la città è stata designata Capitale italiana della cultura per il 2016.
Comune dell’Emilia-Romagna (260,8 km2 con 178.718 ab. nel 2008, dettiParmigiani e meno comunemente Parmensi) capoluogo di provincia. La città, tagliata da E a O dalla Via Emilia e da S a N dal torrente Parma, sorge nella pianura uniforme. La parte della città posta alla destra del torrente è detta P. Nuova, quella a sinistra P. Vecchia (o Oltretorrente). L’espansione verificatasi a partire dalla Seconda guerra mondiale ha visto il sorgere di nuovi quartieri nell’Oltretorrente, nelle direzioni settentrionale e sud-orientale, lungo la Via Emilia e lungo la statale della Cisa.
La popolazione comunale ha subito negli anni 1980 un netto decremento, in corrispondenza di un decentramento demografico e di un progressivo incremento di funzioni terziarie nei centri minori del territorio comunale. Dopo un periodo di stagnazione demografica negli anni 1990, si è manifestata recentemente una lenta ripresa, dovuta in massima parte all’aumento dei flussi d’immigrazione.
L’economia di P. è tradizionalmente agricola: le campagne intorno alla città producono cereali, ortaggi, barbabietola da zucchero, vite, e gran parte delle industrie che vi hanno sede (conservifici di pomodori e frutta, molitura di cereali, pastificio, industria casearia, produzione di fertilizzanti, calzaturifici, lavorazione degli alcoli e della carta) si sono sviluppate in stretta connessione con l’agricoltura e l’allevamento. Produzioni specializzate sono, in particolare, quelle del prosciutto di P. e del parmigiano.
Pratolini,Vasco. -Scrittore e sceneggiatore italiano (Firenze1913 - Roma 1991). Considerato uno dei maggiori scrittori italiani del secondo Novecento, alcuni dei racconti e romanzi di Pratolini., rappresentano il momento migliore della tradizione realista e, in parte, neorealista.
VITA
Esercitò da ragazzo i più umili e vari mestieri, studiando da autodidatta. Conobbe Rosai e Vittorini e fu legato agli ambienti del fascismo di sinistra., collaborando al Bargello. Passò presto all'antifascismo, avvicinandosi alle posizioni comuniste; ebbe stretti rapporti con gli ermetici fiorentini. Cominciò a farsi conoscere nell'ambiente di Letteratura e di altre riviste fiorentine, di due delle quali, Campo di Marte e Incontro, fu anche redattore (1938-40). Nel 1939 si trasferì a Roma; partecipò alla lotta partigiana e alla fine del 1945 si trasferì a Napoli, dove insegnò all'Istituto Statale di Arte. Nel 1951 tornò a Roma, dove ha poi sempre vissuto, impegnato nel suo lavoro di scrittore, fedele alla tradizione della sinistra, ma inquieto di fronte agli sviluppi della lotta politica e sociale e alla crisi mondiale del marxismo.
OPERE
Nei primi suoi racconti (Il tappeto verde, 1941; Via de' Magazzini, 1942; Le amiche,1943; poi riuniti, con altri, sotto il titolo Diario sentimentale, 1956), ispirati da ricordi della sua adolescenza e da un trepido interesse per la vita dei poveri, del popolo minuto della propria città e quartiere, sono già presenti i due modi e toni fondamentali della sua narrativa; l'uno di memoria lirica, per cui la realtà anche più cruda, la «cronaca» intima più sanguigna, vengono trasposte in prospettive vagamente elegiache; l'altro di un realismo più disincantato o risentito, che sembra contaminare la tradizione toscana (dal bozzettismo ottocentesco a Tozzi, Cicognani, Pea) con la lezione di certa narrativa americana. Nei racconti e romanzi successivi (Il quartiere, 1944; Cronaca familiare, 1947; Cronache di poveri amanti,1947; Mestiere di vagabondo, 1947; Un eroe del nostro tempo, 1949; Le ragazze di Sanfrediano, 1952), quei due modi si vennero spesso divaricando; e mentre il primo giunse a dare magiche trasparenze ai motivi autobiografici di P., in pagine che contano senz'altro fra le sue migliori (come in Cronaca familiare), l'altro, quello realistico-sociale, indulgendo talora a un populismo di maniera, di rado si sottrasse ai pericoli di un'immediatezza affettiva e oratoria. Finché in Metello (1955), primo tempo di «Una storia italiana», quei modi e toni riescono a trovare una loro felice convergenza dando luogo, più che a un romanzo, a un ampio affresco di vita collettiva e individuale, sociale e sentimentale. Il romanzo collocava la vicenda anche sentimentale di un giovane muratore fiorentino nell'ambito dello sciopero degli edili del 1902. Meno felici risultano i due romanzi che completano la trilogia (Lo scialo, 1960, in cui spostava le date fino agli anni dell'avvento al potere del fascismo, e perciò si caricava di un senso di quasi indegno sfacelo e di un pessimismo paralizzante l'intera società; e Allegoria e derisione, 1966, in cui portava la storia agli anni della Resistenza e arrivava − al di là della Favola che intendeva dare in forma allegorica il senso della lotta politica − a congiungere il romanzo, in cui il personaggio Valerio coincide con lo stesso autore, con l'autobiografia). I volumi di «Una storia italiana» erano stati intervallati nel 1963 da un altro romanzo, La costanza della ragione (1963), che porta la vicenda fino agli anni 1956-60, delineando tutte le lotte e le incertezze ideologiche di quel periodo, soprattutto all'interno del Partito comunista italiano. Ma anche in questo romanzo, come nei precedenti, alla storia maggiore si mescola la storia minore e privata dei singoli personaggi e dei loro forti moti sentimentali, l'amore e il dolore. E così pure trovano ulteriore conferma lo stile e la lingua di P., fortemente comunicativi e sensibilmente ma non fastidiosamente patinati di accenti fiorentini rispondenti al progetto sostanzialmente realistico del suo narrare. Autore anche di versi (La città ha i miei trent'anni, 1967), P. pubblicò nel 1985Il mannello di Natascia e altre cronache di versi e prosa (1930-1980); postume (1992) sono apparse le Cronache dal Giro d'Italia (maggio-giugno 1947). P. fu in modo atipico un grande sceneggiatore il cui vero interesse era la rappresentazione drammatica di un ambiente. Per P. la sceneggiatura aveva sempre un rapporto diretto con un racconto o con un romanzo; doveva funzionare come una «storia raccontata due volte» e quindi come una vicenda che, anche nel cinema, era votata a mantenere un legame diretto con l'oralità del reale. Il rapporto di P. con il cinema fu sempre continuo e importante. L'anno successivo con L. Visconti e S. Cecchi D'Amico lavorò alla sceneggiatura diCronache di poveri amanti, anche se la regia del film venne realizzata da C. Lizzani nel 1954. Nel 1953 P. collaborò alla sceneggiatura di Cronaca di un delitto di M. Sequi e di La domenica della buona gente di A. G. Majano (tratto dall'omonimo radiodramma di P. e di G.D. Giagni); l'anno seguente a Terza liceo di L. Emmere a Tempi nostri (Zibaldone n.2) di A. Blasetti. Furono comunque gli ultimi anni Cinquanta e i primi Sessanta a rappresentare il momento di maggiore impegno di P. per il cinema. Nel 1960, da giugno a ottobre, tenne la rubrica di critica cinematografica per il settimanale milanese «ABC». Nel 1962 avvenne però la consacrazione più importante con il film Cronaca familiare di V. Zurlini, tratto dal suo romanzo omonimo che lo stesso P. adattò lavorando al soggetto e alla sceneggiatura. Nel 1972 collaborò - e fu il suo ultimo lavoro per il cinema - alla sceneggiatura di La colonna infame (1973), di N. Risi, tratto dalla Storia dellacolonna infame di A. Manzoni.
Ammaniti, Niccolò. – Scrittore italiano (n. Roma 1966). Ha esordito nel genere pulp, diventandone uno dei maggiori esponenti grazie al romanzo Branchie (1994), alla raccolta di racconti Fango (1996) e alla partecipazione all’antologia Gioventù cannibale (1996) con un racconto scritto a quattro mani con Luisa Brancaccio. La notorietà arriva però con Io non ho paura (2001), da lui stesso trasposto nel film di Gabriele Salvatores del 2003: con una narrazione tesa e dal ritmo veloce, perfettamente resa dalla pellicola, A. riesce a raccontare la scoperta del male vista con gli occhi di un bambino. Una storia giocata su due livelli contrapposti – la luce e il buio, il mondo dei bambini e quello degli adulti – capace di risvegliare paure profonde. Come Dio comanda (2006, premio Strega 2007, anch’esso trasposto in film da Salvatores nel 2008) mette in scena il complicato rapporto tra un ragazzino e suo padre in una degradata periferia urbana. Nonostante il buon successo di vendite, il romanzo ha suscitato reazioni differenti e anche molte stroncature da parte della critica. Così per il successivo, Che la festa cominci (2009), in cui torna alle note pulp degli esordi. In Io e te (2010) offre invece un nuovo scorcio al paesaggio dell’adolescenza, attraverso la vicenda di un quattordicenne introverso e un po’ nevrotico barricato in cantina per trascorrere di nascosto da tutti la sua settimana bianca. Sedici racconti compongono Il momento è delicato (2012): racconti brevi, brevissimi o più lunghi, alcuni già apparsi su rivista o antologie varie, che coprono un arco temporale molto vasto, dal 1993 al 2012. Storie di vita quotidian, ma anche vicende grottesche e in alcuni casi assurde.
L’autore - attore De Filippo in “Natale in casa Cupiello” del 1931, inserisce una scena nella quale il protagonista, Luca, rimprovera la moglie Concetta che, secondo,lui, non è in gradi preparare un buon caffè:
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da “Natale in casa Cupiello”:
”Concè ti sei immortalata! Che bella schifezza che hai fatto! [ ] Non ti piglià collera Concè. Tu si una donna di casa e sai fare tante cose. Per esempio ‘a frittata c’ ’a cipolla, come la fai tu non la sa fare nessuno. È una pasticceria. Ma ‘o ccaffè non è cosa per te. [ ] Non lo sai fare e non lo vuoi fare, perché vuoi risparmiare. Col caffè non si risparmia. E’ pure la qualità scadente: chisto fete ‘e scarrafune...”.
In “Questi fantasmi”, commedia di Eduardo De Filippo del 1946, c’è una scena dove il protagonista in un lungo monologo, spiega al dirimpettaio come si prepara un buon caffè. Leggete la scena che è veramente “gustosa” ed istruttiva (provare per credere!):
PASQUALE (beatamente seduto fuori al balcone di sinistra, ha disposto, davanti a sé, un'altra sedia con sopra una guantiera una piccola macchinetta da caffè napoletana, una tazzina e un piattino. Mentre attende che il caffè sia pronto parla con dirimpettaio prof. Santanna)
A noialtri napoletani, toglierci questo poco di sfogo fuori al balcone... Io, per esempio,; a tutto rinuncierei tranne a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori al balcone, dopo quell'oretta di sonno che uno si è fatta dopo mangiato. E me la devo fare io stesso, con mani. Questa è una macchinetta per quattro tazze, ma se ne possono ricavare pure sei, e se le tazze sono piccole pure otto per gli amici... il caffè costa cosi' caro...
(Ascolta, poi) Mia moglie non mi onora queste cose non le capisce. E' molto piu' giovane di me, sapete, e la nuova generazione ha perduto queste abitudini cbe, secondo me, sotto un certo punto di vista sono la poesia della vita; perché, oltre a farvi occupare il tempo, vi danno pure una certa serenità di spirito. Neh, scusate Chi mai potrebbe prepararmi un caffè come me lo preparo io, con lo stesso zelo... con la stessa cura Capirete che, dovendo servire me stesso, seguo le vere esperienze e non trascuro niente... Sul becco... lo vedete il becco?
(Prende la macchinetta in mano e indica il becco della caffettiera) Qua, professore, dove guardate? Questo...
(Ascolta) Vi piace sempre di scherzare.... No, no... scherzate pure... Sul becco io ci metto questo coppitello di carta...
(Lo mostra) Pare niente, questo coppitello ci ha la sua funzione... E gia' perché il fumo denso del primo caffe' che scorre, che poi e il piu carico, non si disperde. Come pure, professo', prima di colare l'acqua, che bisogna farla bollire per tre o quattro minuti, per lo meno, prima di colarla dicevo, nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata piccolo segreto! In modo che, nel momento della colata qua, in pieno bollore, gia' si aromatizza per conto suo. Professo' voi pure vi divertite qualche volta, perché, spesso, vi vedo fare al vostro balcone a fare la stessa funzione. (Rimane in ascolto) E io pure. Anzi, siccome, come vi ho detto, mia moglie non collabora, me lo tosto da me...
(Ascolta) Pure voi, professo' ?.... E fate bene... Perché, quella, poi, è la cosa piu difficile: indovinare il punto giusto di cottura, il colore... A manto di monaco..... Color manto di monaco. È una grande soddisfazione ed evito pure di prendermi collera, perché se, per una dannata combinazione, per una mossa sbagliata, sapete... ve scappa 'a mano o' piezz' 'e coppa, s'aunisce a chello 'e sotto, se mmesca posa e ccafè... insomma, viene una zoza ... siccome l'ho fatto con le mie mani e nun m' 'a pozzo piglia' cu nisciuno, mi convinco che è buono e me lo bevo lo stesso.
(II caffè ormai è pronto) Professo', è passato.
(Versa il contenuto della macchinetta nella tazza e si dispone a bere) State servito?... Grazie. (Beve) Caspita, chesto è cafè... (Sentenzia) È ciucculata. Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo: una tazzina presa tranquillamente qui fuori... con un simpatico dirimpettaio... Voi siete simpatico, professo'...
(Seguita a bere) mezza tazzina me la conservo, me la bevo tra una sigaretta l'altra. (Accende la sigaretta. al professore che gli avrà rivolto qualche domanda) Come?.... Non ho capito.
(Rimane in ascolto) Aaah... si', si'... Niente, professo'!
Tratto da: http://www.penisola.it/napoli/caffe-defilippo.php
La locandiera è una commedia in tre atti di Carlo Goldoni, composta nel 1751, al termine della collaborazione tra il commediografo e il teatro Sant’Angelo, e messa in scena all’apertura della stagione di carnevale 1752-1753. La trama verte attorno al personaggio della locandiera Mirandolina, che, aiutata dal cameriere Fabrizio, si trova a doversi difendere dalle proposte amorose dei clienti dell’albergo da loro gestito nei pressi di Firenze. Al centro delle vicende c’è sempre la vigile e smaliziata intelligenza di Mirandolina, che sa far prosperare la sua attività commerciale e mettere in scacco l’altezzoso cavaliere di Ripafratta, uno dei suoi pretendenti.
La locandiera è considerata uno degli esempi più riusciti della “commedia di carattere” goldoniana, con cui l’autore veneziano capovolge e rinnova la tradizione della Commedia dell’Arte.
L'autore di questa settimana e' Alberto Moravia. Visitate la Cesare Navari e qui potrete trovare molti dei suoi libri.
Vi aspettiamo numerosi!
- Racconti romani
- La Ciociara
- Agostino
- Le ambizioni sbagliate
- 1934
- L'amore coniugale
- La bella vita
- I racconti
- Lo scialle andaluso
Moràvia, Alberto. (propr. Alberto Pincherle Moravia). - Pseud. di Alberto Pincherle, scrittore (Roma 1907 - ivi 1990). Esordì con il realismo provocatorio de Gli indifferenti (1929), romanzo capitale nella letteratura italiana del Novecento che illustra, attraverso la storia di una famiglia, la decadenza morale della classe borghese sotto il fascismo. Il rapporto tra purezza e corruzione e l'osservazione delle trasformazioni sociali tornano nei suoi romanzi migliori: Agostino (1944), L'amore coniugale (1949), La ciociara (1957), La noia (1960), L'uomo che guarda (1985).Impegno controvoglia, 1980; Lettere dal Sahara, 1981; Inverno nucleare, 1986). Le opere di M. hanno avuto varie trasposizioni cinematografiche e sono state tradotte in molte lingue. Postumi sono usciti il romanzo La donna leopardo (1991), la raccolta di articoli Diario europeo (1992) e il volume di racconti Romildo (1994).